E’ martedi 14 marzo 2017. I dolori alle gambe ancora presenti, sono il ricordo e il monito della 43^ edizione della Roma-Ostia. Ma nei pensieri sono presenti anche le sensazioni lasciate dentro chi, come noi, questa corsa l’ha vissuta, sofferta e goduta. Ma questa non è la mia storia. Questa è la storia di un amico, di un atleta, di un compagno di squadra che ha deciso di mettersi alla prova superando indecisioni e paure personali. Massimo è entrato poco più di un anno fa nel mondo dell’atletica su strada, presentandosi visivamente come un signore di mezz’età, dal fisico appesantito e oggettivamente non tagliato per la corsa. Eppure, moderatamente, ha iniziato le sue prime esperienze in gara. E pian piano un idea, bella, coinvolgente, forse azzardata, si fa strada nel suo animo. Perché non correre la Roma-Ostia, 21 km, apparentemente scorrevoli, ma che in realtà nascondono insidie notevoli? Eccola, la sfida! E’ un apprezzato professionista, appagato ed indaffarato, non avrebbe nulla da dimostrare, allora perché la vuole correre? Forse non ha ancora la base atletica ed il fondo necessari ma si è posto un obiettivo, un limite personale da raggiungere. Forse per spirito di emulazione con i suoi fantastici familiari, sportivi autentici e tosti come nessuno. Forse per tutti questi motivi, ma io credo essenzialmente perché lui crede in un progetto, vuole esserne anche protagonista, non seguirlo passivamente, perciò insieme a tutti gli altri vuole credere nel progetto della Palestrina Running.
Io non dovrei correre, non ho allenamento nelle gambe, sono ormai un corridore mediocre, ma non per i tempi che realizzo, perché la mediocrità non sta in quello che si ottiene, ma in quello che si potrebbe ottenere e che per pigrizia o mancanza di carattere o per qualsiasi altro alibi non si raggiunge. Tuttavia il generoso Gianluca Pompili, un meraviglioso compagno della grande squadra PR a cui la sorte infame ha riservato un infortunio alla vigilia della gara, mette a disposizione il suo pettorale per me. Allora nonostante le mie carenze decido all’ultimo di accompagnare Massimo nella sua sfida. No Massimo, per quello che potrò non sarai solo!
E la mattina di domenica ci troviamo sul pullman, viaggiando tutti insieme, atleti e familiari, amici e conoscenti. Bella gente, tanti atleti forti ma umili, tante persone che ci circondano di affetto vero, sentito e dimostrato.
L’arrivo e i preparativi della gara volano, sono già le 9,15 e siamo in griglia, quella che ci compete.
E’ già da tempo che marco da vicino Massimo, non devo perderlo nella folla di gambe e di magliette colorate. Siamo insieme con un gruppetto delle nostre mitiche girls, mostri di simpatia, così i pochi minuti che ci separano dal via sono solo fotogrammi veloci della nostra attesa. Si va. Le nostre girls ben preparate partono a palla, ci lasciano quasi subito, mentre noi iniziamo con la dovuta prudenza il nostro cammino.
Spesso avete sentito dire che attraverso uno sguardo, attento approfondito, tutti almeno in parte possono essere raccontati. Non è una banalità, non è un luogo comune. Io ho letto tante cose negli occhi di Massimo. Ho letto la sua contentezza, la sua emozione all’inizio della gara, rendendosi conto di essere partecipe dell’evento. E’ felice e me lo comunica. Fino a quel momento è stato disinvolto, loquace, non un ombra di preoccupazione. Oggi sarà una buona giornata per lui, lo sento.
I primi tre kilometri scorrono veloci, 5,35 di media, forse eccessiva. lo dico, concorda con me, subito reattivo riduciamo un po’ l’andatura. Abbiamo con noi un inaspettato e graditissimo compagno di squadra, l’amico Stefano, che si adegua al nostro ritmo. I kilometri si snodano, scanditi dal ritmo respiratorio di Massimo, un po’ sbuffante ma mai in affanno. Si passa al 5 kilometro tutti e tre insieme alla media di 5.42, secondo me un po’ oltre le nostre possibilità, ma non lo dico, non voglio condizionare lo slancio degli altri compagni. Affrontiamo uno dei tratti più duri, cediamo qualcosa, ma metro dopo metro, falcata dopo falcata, quel nastro nero che si snoda sotto di noi, che vuole essere ostile, magicamente viene domato. La strada ha posto la sua resistenza, ma ha già perso. Non ha spostato il nostro obiettivo né sa che suo malgrado sarà attrice inconsapevole della nostra soddisfazione.
Purtroppo intorno al km. 8,5 ho un piccolo problema fisiologico, devo fermarmi, ma chiedo a Massimo di proseguire sul lato sinistro del percorso per poterlo poi rintracciare. La rincorsa riesce e subito dopo il 10 km riesco a riagganciarlo. So già che pagherò lo strappo del recupero, ma non fa niente, siamo passati sotto i 58’, ancora in vantaggio sulla tabella di marcia. Stefano nel frattempo si sentiva bene ed ha allungato un po’.
Continuo a cercare insistentemente gli occhi di Massimo, quasi violentando l’intimità dei suoi pensieri, per carpire segnali, un indizio, che so, un inizio di cedimento, e invece ho visto nei suoi occhi tante cose; ho visto determinazione, ho visto convinzione, ho visto fiducia in se stesso. Quello che non ho visto è rassegnazione, voglia di mollare. Lui si accorge del mio sguardo insistito, equivoca, mi risponde disinvolto “Sto bene, sto bene, pulsazioni sotto controllo”, addirittura risponde ad una telefonata in corsa.
Ci avviciniamo al 15° km, lo passiamo, un controllo al cronometro ci dice che marchiamo 1.28.40, la gara più lunga affrontata da Massimo sono i 15 km della X Milia, corsa 15 giorni prima ad 1.30.00, quindi siamo a più di 1’ e 20 di vantaggio, ma da qui in avanti siamo in un territorio sconosciuto!
Ma incredibilmente ecco il miracolo dell’agonismo. Il risultato cronometrico galvanizza Massimo, ci scambiamo un 5 veloce, vedo l’euforia e l’adrenalina montare fisicamente in lui. Comincia ad aumentare il passo in maniera impercettibile ma costante, per me è l’inizio della fine. La mancanza di allenamento e lo strappo del recupero del 10° km mi stanno presentando il conto, glielo dico e generosamente mi passa un gel e un sorso d’acqua. So già che sarà inutile, ho abbastanza esperienza per capire che non ci sarà recupero per me “Devo rallentare ma tu non ti fermare!” e con una muta promessa nel cuore, dal 18° kilometro progressivamente ma inesorabilmente mi stacca. Faccio solo in tempo ad intravedere il suo riaggancio con Stefano che lo sprona ancora di più e insieme se ne vanno verso il loro traguardo mentre io li osservo di spalle con un leggero sorriso che mi ingentilisce la fatica sul viso. Le cronache parleranno di un arrivo insieme mano nella mano, da veri compagni di squadra. Un po’ mi dispiace vederlo allontanare, sarebbe stato bello poterlo vedere tagliare il traguardo, testimone diretto della sua impresa, ma lui deve inseguire il suo obiettivo, non può e non deve aspettare me, e allora vola amico mio, vola verso il tuo traguardo! C’è da raccogliere il premio della tua fatica e l’applauso della nostra squadra che lo so, ti aspetta compatta sulla linea.! Quell’applauso convinto e sincero che accomuna il vincitore come il semplice sportivo, perché nemmeno il campione ama vincere da solo, anche se spesso per compagna possiede la vittoria, sappiatelo!
Io intanto proseguo lentamente, testa e fiato reggerebbero, le gambe non ci sono più e inopinatamente dopo tanti anni di gare, per la prima volta, in una leggera salita sono costretto a percorre al passo oltre 300 metri, fin quasi all’ingresso della mitica rotonda affacciata sul mare, anticamera del rush finale, a poche centinaia di metri.
Ed è in quel momento che il ruggito della Palestrina Running mi raggiunge, quando sono ancora sul rettilineo opposto all’arrivo, mi hanno già inquadrato, mi sollevano, mi scuotono in qualche modo, mi rianimano gridando il mio nome. Sono l’ultimo della squadra, ma mi hanno aspettato come fossi un top runner. Raccolgo quello che rimane delle ultime energie, cerco di assumere la postura di corsa più sciolta e disinvolta possibile, glielo devo. All’altezza dei nostri tifosi e del nostro striscione ideato e realizzato dall’impareggiabile Gianluca non posso fare a meno di indicarli e perdere qualche secondo per un inchino dovuto a quel gruppo di pazienti, irriducibili e inarrivabili amici e tifosi della PR. A 150 metri dal traguardo riesco perfino ad esibirmi in una seppur inutile e forse grottesca volata finale. Chiudo in 2.06.35 e Massimo e li davanti che mi aspetta, sorride, guarda ancora lo striscione di arrivo, il suo nemico battuto, umiliato. Ci abbracciamo e non faccio domande, so già che il suo risultato, il suo obbiettivo è stato raggiunto, distrutto, strasuperato. Il suo tempo finale è di 2.04.12 e a chi magari ha voglia di sorridere per questo tempo che può sembrare di basso livello, ricordo che Massimo ha corso solo 2 settimane prima una gara di 15 km, dando tutto se stesso, chiudendo alla media di 6’ al km., mentre alla Roma- Ostia ha chiuso 21 km alla media finale di 5’53. Un progresso di 7 secondi al km su una mezza maratona, e chi capisce di atletica sa cosa vuol dire. Aggiungo solo un ultimo dato. Massimo negli ultimi 6 km. è stato l’atleta che ha recuperato più posizioni in assoluto, superando ben 284 atleti e appioppandomi 2 minuti e mezzo di distacco in soli 3 km.. Tutto documentato, verificate se volete.
Questo è il racconto di una piccola grande impresa ma io credo che non rappresenti solo la soddisfazione di un singolo, penso piuttosto ad un lavoro di gruppo dove Massimo si è fatto catalizzatore e mi piace pensare che anche tutti noi della PR dobbiamo ritenerci autori di un pezzettino del suo cammino e artefici del suo risultato. Sono convinto che faremo altre imprese, con protagonisti diversi ed a volte anche come squadra.
Statene certi, l’avventura continua……
Un abbraccio a tutti da Pino la vostra affezionata “tartaruga ninja”